• Ven. Apr 19th, 2024

Dire “Ciao” è salutare: Come rivolgere saluti in Asia

Come si porge un saluto in Cinese, Giapponese e Coreano? Impariamo insieme le espressioni per dire “Ciao” e “Come stai” in Asia.

Il saluto rappresenta uno dei pilastri fondamentali dell’etichetta che regola le relazioni tra uomini. Se riflettessimo su quanto vasta sia la gamma delle espressioni pronunciabili quando si incontra una persona, o pensassimo che, quando si tagliano i legami con qualcuno, a questi si tolga il saluto, ci renderemmo conto dell’importanza che questa operazione ricopre all’interno della nostra vita sociale. Una tale attribuzione di valore al saluto (e ciò che immediatamente segue) come espressione di stima, affetto o interessamento nei confronti dell’interlocutore, non è dissimile da quella presente nel mondo asiatico.

Di differente natura, invece, sono le terminologie e le gestualità di saluto impiegate per convogliare suddetti apprezzamenti. Nonostante, da alcuni decenni ormai, l’oriente si sia aperto a formule più simili a quelle del mondo occidentale, esse sono riservate perlopiù a conversazioni d’affari o formali (più di frequente con interlocutori stranieri). Comprendere la mentalità di una persona asiatica dietro il modo di porgere i saluti e informarsi delle condizioni di una persona a lui vicina (che ne condivide il background culturale), saper riprodurre ciò, è la chiave per costruire un solido rapporto di amicizia con costui. Occorre premettere che, se questo fosse un articolo su come rivolgere il saluto ad una persona di grado ed età più elevati dei propri o incontrata per la prima volta, sarebbe completamente differente nei contenuti presentati di seguito. È dunque volontaria, la scelta di focalizzare l’attenzione su un registro informale/semi-formale (al linguaggio onorifico e ai primi incontri saranno certamente dedicati articoli in futuro).

In Cina, la formula di saluto più comune e basilare tra persone della stessa età è Nǐ hǎo 你好 (letteralmente “Tu bene”, ma è più bello pensare che significhi “Che tu (stia) bene”). Esistono anche altre varianti che uniscono hǎo 好 e nomi di differenti fasce orarie della giornata, come Zǎoshang hǎo 早上好 (“Buondì”), Xiàwǔ hǎo 下午好 (“Buon pomeriggio”) e Wǎnshàng hǎo 晚上好 (“Buona sera”). Un caro amico, conosciuto durante i sei mesi trascorsi a Tianjin, tuttavia, ha riferito al sottoscritto che esse sono calchi tratti dall’inglese e, come tali, non sono molto impiegate. Spesso, alla formula base, si tende ad aggiungere un ulteriore elemento perché il saluto non sia percepito come distante. Esso varia in base alla persona con cui si parla e può essere:

  • Cognome e nome personale (se quest’ultimo è composto da un solo carattere, es. Mi);
  • Solo nome personale (se questo è composto da due caratteri, es. Huateng);
  • Appellativo di famiglia/mestiere (es. Nǎinai 奶奶 “nonna paterna”, Lǎoshī 老师 “Professore”), oppure cognome e mestiere.

Per quanto riguarda ciò che segue immediatamente il saluto, sebbene esistano espressioni traducibili letteralmente con “Stai bene?” (Nǐ hǎo ma 你好吗?) e “Come stai?” (Nǐ zěnme yàng 你怎么样?), a queste si preferiscono domande e interiezioni del tipo di Qù nǎr 去哪儿 (“Dove vai?”) e Chīfànle ma 吃饭了吗?(“Hai mangiato?”). È usanza del popolo cinese, quando si conosce una persona, fare domande che tocchino la sfera strettamente personale, come che lavoro si faccia, quanto si guadagni, se si sia sposati o fidanzati. Per quanto, agli occhi di un occidentale, questo possa sembrare un atteggiamento invadente, in realtà è un modo di manifestare interesse o preoccupazione nei confronti dell’interlocutore. In ogni caso, il sottoscritto non ha mai impiegato gestualità di sorta in conversazioni con amici, che comunque sono spesso generalmente limitate – in contesti formali o di nuova conoscenza – alle strette di mano (diversamente dai baci e gli abbracci a cui noi italiani siamo soliti).

La stretta di mano, uno dei più iconici gesti di saluto in occidente, è qualcosa a cui la Cina si è aperta solo nel 1912, con la fondazione della prima Repubblica di Cina. (Fonte: Wikimedia)

Differente è la situazione, per quanto riguarda il Giappone. In questo caso, la complicazione è aggiunta dal fatto che occorra distinguere tra i saluti rivolti ad amici, colleghi intimi e familiari, e quelli a compagni di classe o colleghi “amici di amici”. Chi impara la lingua Giapponese è spesso abituato ad assimilare le parole Ohayō Gozaimasu おはようございます (“Buondì”), Konnichiwa こんにちは (“Buon giorno”, utilizzabile prima del tramonto) e Konbanwa こんばんは (“Buonasera”) allo stesso grado di formalità della parola “Ciao” in italiano. In realtà, essi sono perlopiù destinati alla seconda categoria di persone sopra indicata, accompagnati da una lieve inclinazione del busto definita eshaku 会釈.

Anche in questo caso, amici giapponesi riferiscono, invece, che nel caso di saluti a persone viste tutti i giorni, è più probabile sentire pronunciare suoni vocalici (come “Ah!” oppure “Oh!” se chi saluta è donna, “Osu!” se uomo) di sorpresa o contentezza nel vedere l’altra persona, e il nome di questa. Anche in questo caso, quando compiuto, il movimento è un leggero cenno col capo. A ciò si può sostituire Ohayō おはよう, se è mattina, oppure Hisashi buri 久しぶり, se i due parlanti non si vedono da tempo. Anche nel caso del giapponese, vi sono espressioni equivalenti a “Come stai?”. Quella più basilare di tutte è (O) genki desu ka (お)元気ですか?(semi-formale) / Genki 元気?(informale), dove genki fa riferimento all’energia o spirito vitale. Tale espressione, tuttavia, è impiegata quasi esclusivamente nel caso in cui l’interlocutore non si sia visto per alcuni giorni o abbia/abbia avuto una condizione fisica difficile di cui si è a conoscenza.

In Giappone, l’inclinazione del corpo negli inchini è maggiore tanto più è importante la persona con cui si sta parlando. (Fonte: Wikimedia)

Infine, in Corea, il saluto più basilare è annyeong 안녕 (“Pace”), pronunciato quando si saluta e ci si congeda ed adatto ad ogni momento della giornata. Esso è la forma breve del più formale annyeonghaseyo 안녕하세요, che letteralmente si traduce come “Sei in pace?” (Si risponde Ne, Annyeong haseyo 네, 안녕하세요). Anche a questo saluto formale, si accompagna un inchino in segno di rispetto, ma se questo è ripetuto ogni volta che si incontra una persona che si conosce bene, può sembrare strano.

Il sottoscritto, tramite un vecchio compagno di università che ora vive a Seoul, è venuto a conoscenza del fatto che, analogamente alla situazione della lingua giapponese, l’espressione che si traduce letteralmente con “Come stai?”, jal jinaess-eo 잘 지냈어?, è impiegata solo nella situazione in cui non si sia incontrata una persona per lungo tempo e non si dovrebbe chiedere ad uno sconosciuto. In questo caso, però, un’espressione sostitutiva c’è, ed è bab meog-eoss-eo 밥 먹었어?(“Hai mangiato?”). Si tenga conto che, sia in coreano che in cinese, il domandare se si abbia mangiato dovrebbe essere considerato come un retaggio culturale, non come una vera richiesta di informazioni.

Trova spazio un’ultima considerazione. Per quanto conoscere come salutare e chiedere come una persona stia nella sua lingua sia importante, nulla toglie che il più grande gesto di amicizia che si possa compiere nei confronti della cultura di un paese straniero sia imparare la lingua che ivi si parla nella sua interezza.

FONTI:

  • Abbiati Magda, Guida alla lingua cinese, Roma: Carrocci Editore, 2008;
  • Bramble P. Sean, Culture Shock! Japan A Survival Guide to Customs and Etiquette, Singapore: Marshall Cavendish Editions, 2005;
  • Kim Minkyoung, Hilts-Park Jonathan, Lonely Planet Korean Phrasebook, Victoria (Australia): Lonely Planet Publications, 2002;
  • Vogelsang Kai, Colla Umberto (traduzione di), Cina. una storia millenaria, Torino: Giulio Einaudi Editore s.p.a., 2014.
USCITA A1 CAIANELLO VIA CERASELLE TUTTI I GIORNI DAL LUNEDI AL SABATO ORARIO CONTINUATO 08:00 20:30 DOMENICA 08.00 13.00
Documento senza titolo

Sostieni V-news.it

Caro lettore, la redazione di V-news.it lavora per fornire notizie precise e affidabili in un momento lavorativo difficile messo ancor più a dura prova dall’emergenza pandemica.
Se apprezzi il nostro lavoro, che è da sempre per te gratuito, ti chiediamo un piccolo contributo per supportarci. Vorremmo che il vero “sponsor” fossi tu che ci segui e ci apprezzi per quello che facciamo e che sicuramente capisci quanto sia complicato lavorare senza il sostegno economico che possono vantare altre realtà. Sicuri di un tuo piccolo contributo che per noi vuol dire tantissimo sotto tutti i punti di vista, ti ringraziamo dal profondo del cuore.

Di Francesco De Dominicis

Classe 1995, Francesco De Dominicis è specializzato in Lingue e Civiltà Orientali all'Orientale di Napoli. Tra un articolo e l'altro, adora guardare vecchi film del cinema cult, scrivere racconti e canzoni e strimpellare strumenti vari.

error: Content is protected !!