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Un fidanzato per mia moglie – videorecensione

DiThomas Scalera

Mag 12, 2014

Un film di Davide Marengo. Con Paolo Kessisoglu, Geppi Cucciari, Luca Bizzarri, Dino Abbrescia, Francesco Villa. Commedia, durata 97 min. – Italia 2014.

la Videorecensione:

In epoca di tradimenti e sotterfugi, o almeno così dice la TV, mettere alla prova il proprio partner sembra quasi rientrare nella naturale evoluzione. C’è un vecchio racconto che narra di un nobile il quale, approdato stremato presso un castello, scopre una pozione che gli permette di assumere le fattezze di un’altra persona. L’uomo decide allora di “trasformarsi” in un avvenente giovane per mettere alla prova la moglie: manco a dirlo, la moglie s’innamora dello straniero e l’epilogo sarà tragico. In Un fidanzato per mia moglie il discorso è opposto: Simone (Paolo Kessisoglu) ingaggia un ex-playboy nonché professionista in divorzi, il Falco (Luca Bizzarri) non per testare la fedeltà della moglie (Geppi Cucciari), ma per farla cedere e liberarsene dato che non ha il coraggio di chiederle la separazione.

Davide Marengo, dopo il suo discreto bank thriller Breve storia di lunghi tradimenti, si orienta verso la commedia, separando il duo comico composto da Luca e Paolo per costruire qualcosa di meno scanzonato. Il tema di Un fidanzato per mia moglie è infatti delicato, sebbene rischioso come sempre quando ci si muove in ambito di corna e affini. In più trattasi di un remake, che pur con tutti i possibili “aggiustamenti” rimane pur sempre un elemento che può ritorcersi contro: qui l’originale è un film che a quanto pare ha riscosso parecchio successo in Argentina, dal titolo Un novio para mi mujer.

Il regista rimane imbrigliato nel tentativo di dare vita ad una commedia che sia sofisticata ma al tempo stesso leggera, faticando ad infondere la giusta verve ad uno scenario dove alla fine della fiera a farla da padrone sono gli estemporanei exploit dei protagonisti. Tanto Paolo Kessisoglu quanto Luca Bizzarri si dimostrano due attori potenzialmente interessanti, a prescindere da un contesto comico e condiviso; tuttavia le loro prove non incidono più di tanto per via di una storia essenzialmente mal gestita. Colpa anche di alcuni stereotipi, a priori i loro personaggi restano confinati ad un limbo che li lascia a metà strada tra il comico ed il forzatamente serioso.

Simone (Kessisoglu) non sopporta più la moglie, che trova profondamente cambiata ed insostenibile, ma al tempo stesso teme il confronto e si lascia coinvolgere dagli amici in un piano grottesco. Così come grottesca è la piega che prende il film ad un certo punto, quando l’evolversi della vicenda, già scontata, diventa anche banale. E dire che qualche risata i protagonisti la strappano, ma come già in parte accennato trattasi più di picchi estemporanei, singoli, isolati che altro. Il Falco (Bizzarri) che vestito da panda cerca consolazione ha decisamente un suo perché, mentre il one-(wo)man show in diretta radio della Cucciari sul finire del film funzionerebbe di gran lunga meglio estrapolato da quel contesto.

I comprimari servono per lo più a far colore, specie la coppia gay composta da Ale e Franz, mentre il personaggio di Dino Abbrescia ricalca sin troppo “fedelmente” un certo immaginario di italiano medio – quello che nella mediocrità ci sguazza e che a un certo punto dice espressamente che fottere il prossimo per lui è un’esperienza rigenerante di cui non può fare a meno, giusto per tagliare la testa al toro.

Certo, probabilmente non rientrava tra le prerogative del progetto quella di sondare più di tanto la crisi di coppia ai giorni nostri, ma che ci si aggirasse da quelle parti, pur nell’ambito della commedia, è sottilmente confermato da talune scelte di recitazione e messa in scena che denotano degli intenti lievemente più ambiziosi di quanto non si sia portati a credere. Il punto però è che la vicenda di Camilla e Simone non fa breccia nemmeno per un istante, e probabilmente la scelta di un cast di attori così ben versati nella comicità, senza smorzarne le rispettive indoli, non ha fatto che acuire certi difetti che stavano già alla base di una sceneggiatura povera ma non per questo essenziale.

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Di Thomas Scalera

Il Guru

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