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Il coraggio e la bellezza disarmanti di una madre e la forza incredibile di un bambino

DiAntonella Viccaro

Dic 19, 2020

“ Chi non si dona è come un seme che non germoglia!” (Franco Locatelli)

Ore 14. Il telefono squilla. Aspetto questa telefonata con ansia, devo parlare con lei, la mamma più bella e più forte che io conosca. Sono emozionata. La conosco da una vita ma sta per raccontarmi qualcosa che so già che mi cambierà, che aprirà in me visuali che non immaginavo, nonostante conosca la sua storia. Piangerò io, non lei, lei saprà raccontarlo con naturalezza, con il suo solito garbo e la sua voce calda e femminile, è una donna incredibile, lo è sempre stata ma oggi lo è ancora di più!

“…la nostra esperienza inizia i primi giorni di marzo 2019, un pomeriggio come tanti correndo per casa mio figlio cade ed inizia a perdere tantissimo sangue. Quasi un emorragia. Cosa abbastanza strana ma non vi abbiamo dato troppo peso. Può capitare. Certo, era un po’ troppo ma può capitare. I giorni a seguire manifesta stanchezza, inappetenza e pallore e mia madre nota dei linfonodi che le appaiono troppo gonfi. Ci rechiamo dalla pediatra di famiglia, la quale, pensa ad una mononucleosi e ci fa fare il prelievo. I risultati purtroppo non sono buoni e la stessa analista, per altro zia di nostro figlio ci indirizza al Bambin Gesù. È il 6 marzo 2019. Trascorriamo la nottata in attesa che mio figlio venga visitato, dormiamo, per quanto possibile su una panchina, con lui in braccio stanco e debilitato.

La mattina seguente ci trovano una stanza, dove possiamo appoggiarci nel frattempo che a lui vengano fatti tutti gli accertamenti, l’emocromo purtroppo è pessimo, come lo era stato già il giorno prima. Continuano con le varie ecografie, prelievi e quant’altro, intanto io sento telefonicamente l’analista, zia di mio figlio che cerca di tranquillizzarmi, mi dice di aspettare e di far caso a quale reparto ci avrebbero indirizzato per capire di cosa si fosse trattato. Il reparto è quello del terzo piano: oncoematologia. Sento nelle parole dell’infermiera che ci invita a salire la fine di ogni cosa, continuo a chiedermi perché proprio a me, perché proprio mio figlio, entro in ascensore insieme a lui e al mio compagno sentendomi venir meno, non so come lo raggiungerò quel terzo piano. Non capisco cosa sta succedendo, so solo che la parola “onco” mi ha distrutta. Entriamo in reparto, non posso non notare i bambini ricoverati nelle altre stanze, sofferenti, con le flebo e la maggior parte senza capelli. Ho paura.

Capisco in quel momento cosa sia la paura, quella vera, ho paura che succederà anche a lui, gli stringo la mano e vado avanti. Ci accoglie un equipe di medici che in modo straordinario, con il sorriso sulle labbra e una semplicità unica mi dicono : “ Signora, suo figlio ha una Leucemia linfoblastica acuta di tipo T”. Il mondo, che sentivo venir meno in ascensore, viene meno davvero. Non riesco a concentrarmi più sulle loro parole, ho bisogno di piangere. Tutto ciò che dicevano cercando di darmi coraggio, non faceva che peggiorare la situazione. Non riuscivo a trovare sollievo in nulla. Quando ci lasciano da soli nella nostra stanza noto una ragazza venire verso di me, è una mamma, una mamma di un’altra piccola paziente. Mi si avvicina e mi da un rosario. Io mi butto letteralmente tra le sue braccia. Piango. La stringo come se fosse mia madre. In quel momento in cui tutto mi sembrava perduto il suo accogliermi tra le sue braccia mi libera momentaneamente dal dolore, o per lo meno, lo rende più sopportabile. Il mio compagno non può restare con noi, deve trovare, oltre la forza, una sistemazione per la notte e… le prime notti le trascorre lì fuori, al freddo, pur di sentirci quanto più vicini possibile. Inizia per noi un periodo intenso, nostro figlio inizia le cure da subito e fortunatamente risponde benissimo al cortisone, i medici devono comunque seguire il protocollo, dunque cominciano le chemio. Ovviamente, in seguito alle chemio e agli alti dosaggi di cortisone i globuli bianchi scompaiono e lui non ha più difese immunitarie. Anche una febbre, un raffreddore, un qualsiasi batterio, avrebbero potuto essere decisivi. Andiamo avanti, con una forza e una determinazione incredibili, che traiamo fondamentalmente da lui, facciamo di tutto per rendere le sue giornate quanto più piacevoli possibile.

Piangiamo di nascosto, preghiamo di notte e di giorno. La fede ci ha aiuta tantissimo, ho avuto dimostrazione che esiste davvero qualcosa al di sopra di noi. Il primo mese di cure è difficilissimo, ma troviamo proprio nella fede e nell’ amore che ci circonda la forza di non mollare. Nel dolore siamo circondati da un amore immenso, quello della nostra famiglia, quello degli altri genitori con i quali condividiamo tutto e quello dei volontari, che ci dedicano tempo , attenzioni e ci sollevano tantissimo. ( Non dimenticherò mai l’amore gratuito ed incondizionato che ci hanno dato).

Le cure, per nostro figlio, sono risolutive, e nonostante siano pesanti lui risponde bene. Fa tantissime trasfusioni di sangue per il ripristino dei normali livelli piastrine, assume cortisonici ad alto dosaggio, gli viene inserito un catetere venoso (cvc) sul lata destro del petto. Non ci arrendiamo . Veder soffrire un figlio è il dolore più grande per una famiglia, ma non ci arrendiamo. Sappiamo che l’obiettivo è riportarlo a casa sano come un pesce e non ci lasciamo distrarre, neanche quando le nostre forze sembrano venir meno. È così, in questi momenti, trovi una forza che non pensavi di avere e riconosci il buono in ogni piccola cosa. In questi momenti riconosci il senso della vita, e quello che magari fin’ora ti era sembrato scontato, assume un significato diverso. Assume un significato. Il più vero. Il più autentico.

Oggi do importanza a tutto. Ai colori del cielo durante la giornata, ad una pietra a forma di cuore, al rumore del mare, e mi rendo conto di quanto siamo fortunati ad avere tutto questo. Se tutto questo è possibile lo dobbiamo alla ricerca, che compie grandi passi avanti per noi e soprattutto alla generosità dei donatori. Donare è una scelta semplice ma meravigliosa, un gesto che salva la vita di tantissime persone e pensate quanta importanza assume in più quando si tratta di bambini. Ho deciso di raccontare la mia esperienza a due anni ancora dalla fine della cura perché voglio esprimere la mia gratitudine da mamma ai donatori, e vorrei spronare quante più persone possibili a fare questa scelta. Una scelta semplicissima che può salvare una vita!”

Concludiamo la telefonata parlando, più serenamente, dei siti dai quali dovrò trarre le informazioni per la sensibilizzazione verso le donazioni, che saranno riportate nel prossimo articolo tutte chiaramente e correttamente. Mentre sto per salutarla, affettuosamente, come da sempre ci piace fare, sento la voce di suo figlio che dice : “ mamma, mamma posso uscire a giocare fuori?” . I miei occhi si inumidiscono, cade qualche lacrima, guardo fuori, il cielo oggi sembra più azzurro e capisco che questa è la conclusione più bella che questa meravigliosa storia potesse avere!

USCITA A1 CAIANELLO VIA CERASELLE TUTTI I GIORNI DAL LUNEDI AL SABATO ORARIO CONTINUATO 08:00 20:30 DOMENICA 08.00 13.00
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Di Antonella Viccaro

1992 diplomata nel 2010 presso il Liceo Pedagogico e delle Scienze Umane di Vairano scalo. Autrice del romanzo " La bambina che ha conosciuto il ferro" 2019.

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