A più di 160 anni di distanza, resta ancora poco conosciuto — e spesso ignorato — il luogo esatto in cui Vittorio Emanuele II e Giuseppe Garibaldi si incontrarono per suggellare l’unità d’Italia. Contrariamente a quanto tramandato da una tradizione ormai consolidata, l’incontro non avvenne a Teano, ma nel vicino comune di Vairano Patenora, in provincia di Caserta.
Dove avvenne davvero l’incontro
Le fonti storiche sono chiare: lo storico incontro del 26 ottobre 1860 avvenne al “Quadrivio di Taverna della Catena”, situato allora — come oggi — nel territorio di Vairano Patenora. Gli studi approfonditi di Guido Di Muccio, pubblicati già nel 1960 in occasione del centenario, lo confermano con precisione “al centimetro”. Nessuna testimonianza storica accredita invece Teano come luogo dell’evento.
Come è nato l’equivoco
La diffusione dell’errore si deve, in gran parte, alla ripetizione meccanica di un’informazione inesatta da parte di storici e giornalisti poco scrupolosi. Al contrario, figure autorevoli come Nino Cortese, Giovanni Ansaldo, Jasper Godwin Ridley, Indro Montanelli, Mino Milani e Adriano Viarengo, oltre alla stessa Treccani, hanno sempre indicato correttamente Vairano Patenora come sede dell’incontro.
Ma perché allora Teano è passato alla storia come teatro dell’evento? La spiegazione risiede nel suo maggior peso politico e sociale: città romana di antiche origini, sede vescovile e con un numero di elettori triplo rispetto a Vairano, Teano riuscì ad “attrarre” su di sé il prestigio di un episodio storico che non le appartiene.
La manipolazione delle memorie storiche
Nel 1911, per celebrare i cinquant’anni del Regno d’Italia, fu eretto un cippo proprio davanti alla Taverna della Catena, mentre a Teano venne posta una lapide che correttamente indicava il “Quadrivio di Cajanello” (nome con cui era noto Vairano) come luogo dell’incontro.
Tuttavia, in epoca fascista, la lapide originale venne smurata e sostituita con un’altra, falsificata per far credere che l’incontro fosse avvenuto a Teano. Un falso clamoroso, come dimostrano documenti e fotografie d’epoca conservati nell’archivio Di Muccio.
Nel 1960, per il centenario, Teano eresse anche una colonna commemorativa in una zona fuori città, scelta arbitrariamente e priva di fondamento storico. Nel frattempo, Taverna della Catena — il luogo autentico — sebbene deturpata da interventi edilizi, rimane visibile e riconosciuta di “interesse particolarmente importante” dal Ministero della Pubblica Istruzione fin dal 1967.
Un luogo simbolico sotto ogni aspetto
Guido Di Muccio sottolineò anche un’altra sorprendente coincidenza: proprio a Vairano, secoli prima, si registrò uno dei primi documenti in volgare italiano, il “Secondo Placito di Teano” del 963 d.C., che trattava di una controversia legale su terreni locali. Dove nacque la lingua italiana, insomma, nacque anche l’Italia unita.
Una colpevole dimenticanza di Stato
Quel che è più grave è che lo Stato italiano, anziché valorizzare il vero luogo della nascita dell’unità nazionale, ha preferito ignorarlo. Non solo Taverna della Catena è stata lasciata nel degrado e nell’oblio, ma per evitare imbarazzi o “incidenti diplomatici” tra i due Comuni contendenti, si è scelto di non celebrare ufficialmente il 26 ottobre — il giorno autentico della stretta di mano — preferendo il 17 marzo, data della proclamazione del Regno d’Italia nel 1861.
Una decisione che appare, agli occhi di ogni sincero patriota, come un’ulteriore mancanza di rispetto verso la verità storica e verso il luogo in cui l’Italia prese forma. Perché celebrare l’unità nazionale ignorando il suo momento fondativo equivale a rinunciare alla memoria stessa della nostra identità.
Perché è importante riconoscere la verità
Rendere giustizia alla storia non è solo un esercizio accademico: significa dare il giusto valore a un momento fondativo dell’identità nazionale. Continuare a celebrare l’incontro in due luoghi diversi non rende onore né alla memoria storica né al significato politico dell’evento.
Oggi più che mai sarebbe doveroso identificare, valorizzare e tutelare il vero luogo dove l’Italia prese forma. Perché la storia, quella autentica, è la base su cui costruire una memoria condivisa e consapevole.
