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La terra dei fuochi coinvolge anche basso Lazio e Molise?

DiThomas Scalera

Nov 14, 2013

CASERTA­-ISERNIA. Questo articolo di Rosaria Capacchione (giornalista coraggio con scorta delle forze dell’ordine, perché minacciata di morte dalla camorra ndr.) è uscito mercoledì 3 novembre 2010 su Il Mattino di Napoli.

E’ consigliato a tutti quelli che non sapevano. <La grande discarica virtuale, sconfinato cimitero di veleni, ha la forma di un quadrilatero regolare stretto e lungo, compreso tra la statale Bifernina e la Trignina e le province di Isernia e Campobasso. Ha la sua appendice a sud­ovest, tra Vairano Patenora e l’area industriale di Venafro, lì dove insistono gli stabilimenti dismessi della Fonderghisa. Confina con lo sversatoio di Montagano e il depuratore di Termoli, con le periferie di Frosolone e Trivento, con i boschi attraversati da contrade disabitate. È in quel rettangolo che finiscono i rifiuti tossici, soprattutto scorie industriali e percolato, dirottati in Molise dalle fabbriche della Lombardia e dai siti di stoccaggio del Consorzio unico Napoli­Caserta lungo un tracciato scarsamente battuto dalle forze dell’ordine. Viaggiano su cisterne e autotreni autorizzati al trasporto di rifiuti, partono con bolle di accompagnamento apparentemente regolari, fanno sosta in alcune piattaforme di smistamento – lungo i 150 chilometri che separano Caianello da Termoli ce ne sarebbero sei, forse addirittura otto – nelle quali, preventivamente, vengono depositati i rifiuti illegali, che finiscono poi negli stessi automezzi. Buona parte del percolato finisce per strada o viene sversato nelle campagne; l’altra parte viene portata al depuratore di Termoli, gestito dalla Cosib. Il costo pagato dai committenti per il trasporto dalla Campania all’impianto molisano è pari al doppio di quello di mercato. Ma nelle casse della Cosib finirebbe solo una parte del denaro pubblico pagato per la depurazione, avendo disperso lungo il percorso una parte del carico. È la frontiera più sicura degli ecomafiosi, il segmento di mercato non ancora intaccato dalle indagini. Riguarda, appunto, il trasporto, quello che alla fine degli anni Ottanta era stato il grande business di Cipriano Chianese, l’imprenditore che le ecomafie ha inventato. Detenere il monopolio del trasporto di scorie chimiche e industriali, delle ceneri provenienti dall’inceneritore di Acerra, del percolato prodotto a Taverna del Re o a Santa Maria la Fossa­San Tammaro, significa controllare l’intero settore e incassare centinaia di milioni di euro provenienti dalle casse pubbliche. Soldi sui quali avrebbe messo le mani il clan dei Casalesi. Anzi, il gruppo che fa riferimento a Michele Zagaria, latitante da quindici anni, condannato all’ergastolo, influente e potentissimo capo del cartello camorristico. L’attenzione degli investigatori campani è attualmente rivolta verso la ditta Caturano di Maddaloni, che trasporta il percolato a Termoli, in passato coinvolta in indagini sullo smaltimento illegale dei rifiuti e più di recente in un’indagine della Dda di Napoli ancora in corso. Raffaele Piccolo, collaboratore di giustizia, fino allo scorso anno braccio destro e cassiere del gruppo Schiavone, ha fatto riferimento agli autotrasportatori maddalonesi in un verbale allegato agli atti dell’inchiesta «Normandia 2», la stessa che ad agosto ha portato all’arresto dell’ex consigliere regionale dell’Udeur ed ex titolare della Ecocampania, Nicola Ferraro. Dice Piccolo: «Vi erano due tipi di imprenditori: quelli da taglieggiare e quelli che venivano protetti dal clan in quanto erano ad esso strettamente collegati; vi erano addirittura delle liste in cui erano specificati i nomi degli imprenditori di queste due categorie: ciò al fine di evitare che qualcuno del clan andasse a fermare i loro lavori oppure, nel caso in cui qualche affiliato che non era a conoscenza perfettamente dei fatti avesse fermato i lavori e qualcuno di loro avesse fatto il nome dei capi del gruppo Schiavone».Ebbene, a proposito della lista con i nomi del braccio imprenditoriale del clan «risultandone o prestanome o soci in affari in maniera più o meno occulta», il pentito cita «l’imprenditore Caturano dell’alto casertano, autotrasportatore originario di Maddaloni con altra società anche nella zona di Pastorano». Ha aggiunto Emilio Di Caterino, altro collaboratore di giustizia ma di fede bidognettiana: «Ho detto che Caturano non pagava. Ho poi saputo che aveva denunciato richieste estorsive ma solo relative al gruppo Belforte operante in Marcianise e San Felice a Cancello. Non ci sono mai state denunce nei confronti del gruppo Bidognetti o del gruppo Schiavone». Del gruppo Caturano fa parte anche la Veca Sud (acronimo che sta per Ventrone­Caturano) che nel 2009 si era aggiudicata dal Commissariato straordinario di governo l’appalto per il trasporto delle ceneri del termovalorizzatore, nonostante la condanna del responsabile della società per traffico illecito di rifiuti. Nel luglio scorso la ditta è finita nuovamente nei pasticci: i carabinieri del Nas hanno scoperto che nei cassoni dei camion ancora sporchi di cenere contaminata, durante il viaggio di ritorno dalla Systema Ambiente di Brescia, finiva il mais destinato ai mangimifici e caricato in Veneto e in Emilia Romagna. Mangime mescolato a metalli pesanti e utilizzato negli allevamenti di bestiame del centro­sud.

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Di Thomas Scalera

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