
Per la rubrica Cose Serie, oggi parliamo di una produzione che ha fatto discutere e riflettere: “M – Il figlio del secolo”, tratta dall’omonimo romanzo di Antonio Scurati. Una serie ambiziosa, intensa e coraggiosa, che mette a nudo le radici del Fascismo italiano, seguendo l’ascesa al potere di Benito Mussolini. Dai Fasci di combattimento nel 1919 fino al celebre discorso del 3 gennaio 1925 in Parlamento: è tutto lì, nero su bianco (o meglio, in alta definizione).
A dirigere l’orchestra è Joe Wright, già regista di film storici dal taglio personale. Stavolta si cimenta con un soggetto scottante: raccontare il Duce non come caricatura da libro di scuola, ma come uomo in carne, ossa e contraddizioni. E no, non c’è alcuna indulgenza romantica. Il ritratto è lucido, inquietante e necessario.
Nel ruolo di Mussolini troviamo un Luca Marinelli in stato di grazia. L’attore ha confessato in un’intervista che sua nonna non ha preso bene questa scelta lavorativa, lei che aveva vissuto in prima persona l’oppressione fascista. Ma Marinelli, da professionista, si è calato nei panni di un Benito inizialmente quasi fantozziano: infelice in casa, goffo nei salotti romani, ma armato – letteralmente – di una violenza cieca e ambiziosa. A “sorreggerlo” sentimentalmente e politicamente c’è Margherita Sarfatti, interpretata da una splendida Barbara Chichiarelli: intellettuale, ebrea, avanguardista e complice.
Nel cast anche Francesco Russo nei panni di Cesare Rossi, braccio destro e – come spesso accade in queste storie – poi pugnalato alle spalle. Immancabile anche Gabriele D’Annunzio (Paolo Pierobon), dipinto con la giusta dose di teatralità: il poeta-vate, l’eroe di guerra, l’esteta che sembrava uscito da un romanzo… scritto da sé stesso.
E il Re? Vittorio Emanuele III appare quasi grottesco nella sua indecisione, con un aplomb che rasenta il sonnambulismo politico. In netta contrapposizione, il personaggio di Giacomo Matteotti si impone per coraggio e lucidità: pronto a tutto pur di denunciare le derive del regime, a costo della propria vita.
Il racconto non risparmia nulla: i pestaggi, le intimidazioni, la manipolazione sistematica. Le scene violente non sono mai gratuite, ma funzionali a mostrare il cuore nero del potere. E mentre gli episodi scorrono, emerge il vero motore del racconto: la banalità del male, incarnata da un uomo che, con metodo e ferocia, ha annientato ogni forma di opposizione pur di raggiungere l’obiettivo: il potere assoluto.
“M – Il figlio del secolo” è più di una serie storica. È un viaggio nei meccanismi del consenso, nei salotti dell’alta borghesia romana, nei vicoli bui delle squadracce. È un campanello d’allarme con musiche d’epoca.
Non è un prodotto per cuori delicati né per chi cerca puro intrattenimento da divano. Ma è senz’altro un’ottima occasione per chi vuole comprendere meglio un capitolo decisivo – e ancora controverso – della nostra storia. Magari con un buon caffè, e il telefono in modalità aereo.
Il nostro voto?
⭐️⭐️⭐️⭐️✨ (4,5 su 5)
