Circa un mese fa nasce ufficialmente la pagina #ancheame, creata a sostegno del manifesto sociale ideato e realizzato da Francesca Bubba, attivista italiana, di cui abbiamo già parlato in alcuni articoli. Questo manifesto si fa portavoce di una realtà spesso sminuita, sulla quale manca totalmente informazione, ossia la violenza ostetrica. Francesca Bubba, insieme alle altre cofondatrici di #ancheame, ha evidenziato i punti cardine del problema “ostetricia in Italia”, chiarendone gli aspetti più rilevanti. Innanzitutto come si riconosce la violenza ostetrica? Non è facile riconoscerla, in quanto il dolore sembra dover essere scontato nel momento del parto, dunque ci si lascia trasportare da questa idea e si finisce per accettare anche altro, oltre il dolore fisico in sé.

Dolore sminuito: se comunichi la tua evidente sofferenza vieni ridicolizzata e sminuita. Come se fosse un dovere soffrire così e dunque non ci fosse necessità o possibilità di lamentarsi e chiedere aiuto.
Nessuna informazione: Non ti vengono date informazioni su cosa sta succedendo al tuo corpo, i medici parlano in gergo tecnico e solo tra di loro, senza coinvolgerti.
Abbndono durante la degenza: vieni lasciata sola per ore, durante il travaglio e ti vengono imposte pratiche specifiche senza il tuo consenso.
Richieste ignorate:chiedi aiuto e vieni completamente ignorata , anche nella possibilità di richiedere antidolorifici , epidurale o taglio cesareo.
Benessere trascurato: ti vengono negati supporto, possibilità di sollievo e di riposo. La tua privacy viene meno, perché ti visitano in corsia e in presenza di personale esterno.
Dunque la violenza ostetrica non si manifesta solo al momento del parto, quando si tende ad umiliare e sminuire il dolore che prova la neomamma, ma anche durante il travaglio il postparto imminente e la degenza ospedaliera! È un fenomeno che va assolutamente combattuto, in una realtà, come quella odierna, in cui il benessere psicofisico è di fondamentale importanza.
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