• Ven. Mar 29th, 2024

Non rispetti lo Stop? Unico colpevole dell’incidente. Cosa c’è dietro l’omicidio di Mimmo Crisafulli?

Il caso di Mimmo Crisafulli

LA CASSAZIONE: Il segnale di Stop è sacro, va sempre rispettato, e chi causa un incidente per non essersi fermato all’incrocio è l’unico responsabile del sinistro: lo aveva ribadito precedentemente la corte d’Appello di Roma adesso anche la Corte Suprema di Cassazione terza sezione civile, nell’ordinanza n. 30993/2018. Non c’è quindi concorso di colpa con l’altro guidatore.

IL CASO DI MIMMO CRISAFULLI

Mimmo Crisafulli aveva 25 anni ed era padre di due bambini venne ucciso a Catania il 6 marzo 2017, in un incidente stradale in via Del Bosco, con Via De Logu, ove era collocato il segnale di Stop. La scena dell’incidente venne immortalata da una telecamera istallata all’interno di una clinica accanto.

Il video della scena cliccando qui:

Mimmo nonostante avesse ragione al 100% gli è stata attribuita una responsabilità del tutto inesistente. La difesa di chi lo uccise, con artifizi e raggiri con la complicità della magistratura catanese tentarono prima di insabbiare la sua morte, chiedendo l’archiviazione, poi chiesero ed ottennero durante le indagini preliminari, il patteggiamento senza un processo, condannando Anastasia Conti alla misera ed illegale pena nemmeno sulla carta, a 5 mesi e 10 giorni di reclusione con la condizionale, pena non menzione sul casellario giudiziale, con proposta di ritiro della patente, fino ad oggi non avvenuta, addossando una presunta colpa al povero Mimmo.

Entra in gioco anche l’aspetto civile quello risarcitorio, infatti con la sentenza di patteggiamento, senza un processo, dunque senza che il morto si possa discolpare dalle accuse infondate dal presunto concorso di colpa, che non rispettando le ripetute sentenze della Cassazione, dove indica chiaramente che chi non si ferma allo stop ha sempre la responsabilità esclusiva, propone un risarcimento alla famiglia pari al 50% giocando sul fatto che si possa procedere attraverso le vie legali, tramite ricorso al Tribunale Civile con a carico spese ingenti per la famiglia. Una volta depositato il ricorso, passano mesi, ed anche anni, senza che si svolga nemmeno un udienza perchè è prassi di portarla alle lunghe, magari con la speranza che qualcuno molli, ed accetti l’offerta proposta precedentemente dall’assicurazione. Nel caso di Mimmo, con un ricorso depositato al Tribunale Civile di Catania in data 15 marzo 2018, fino ad oggi non c’è stata una concreta udienza, che con scuse varie rinviano in continuazione anche di 6-7 mesi.

Dunque al segnale di stop bisogna sempre fermarsi. I giudici supremi della Cassazione respingono con rigore tale doglianza, rammentando che il segnale di “stop” pone a carico dei conducenti di autoveicoli l’obbligo di arrestare sempre e comunque la marcia del proprio mezzo, persino quando la strada nella quale intendano confluire sia sgombra da veicoli.

Se la colpa esclusiva è di chi non si ferma allo stop, come ribadisce la Corte Suprema di Cassazione, allora cosa c’è dietro l’omicidio di Mimmo Crisafulli?

Secondo le ultime affermazioni del padre Pietro, chi uccise il figlio Mimmo nonostante fosse una dottoressa (Anastasia Conti), è stata difesa dall’avvocato Mario Luciano Brancato, noto avvocato penalista molto politicante da svariati anni, (già assessore al comune di Catania che proprio nei giorni scorsi ha deciso di sposare il progetto del partito Fratelli D’Italia di Giorgia Meloni, aderendo al partito politico), legale, anche di Raffaele Lombardo ex governatore della Regione Sicilia, pertanto con ramificazioni e conoscenze influenzabili ovunque, che secondo fonti molto attendibili la Conti pare fosse imparentato con lo stesso, ed appartiene alla Catania bene, dunque con agganci ovunque, è che, la stessa riportando una condanna sul casellario giudiziale per il grave reato di omicidio stradale secondo l’art. 589 bis co.1 c.p. che per imprudenza, negligenza ed imperizia e con violazione del Codice della Strada (art. 140, 145, 146), violando l’obbligo di arrestarsi al segnale di “STOP” e dare la precedenza, sbarrava di fatto la strada a Domenico Crisafulli causandone la morte immediata, poteva comportarne il licenziamento, o la sospensione dall’ente pubblico ove la stessa lavora.

Dunque senza ombra di dubbio, la Cassazione ribadisce che l’unico responsabile dell’incidente è chi non si ferma allo stop, a questo punto viene d’obbligo una semplice domanda:

Per quale motivo le Procure Italiane nominano dei CTU?

Per quale motivo tutte le controparti devono nominare rispettivamente dei CTU se il codice della strada ed in questo caso la Cassazione parlano chiaro?

La vicenda di Mimmo Crisafulli attualmente non si è conclusa, adesso si aspetta l’ultimo atto, in Cassazione dove è stata fissata per martedì 11 febbraio 2020 l’udienza. Un giorno importante per la famiglia di Mimmo: la sentenza potrà infatti confermare o ribaltare la condanna stabilita dal Giudice per l’udienza Preliminare di Catania nei confronti di Anastasia Conti. Dunque l’ ultimo capitolo giudiziario della tragedia di Mimmo Crisafulli sarà scritto il prossimo 11 febbraio del 2020, per decidere sui ricorsi presentati dalla difesa della famiglia Crisafulli e dall’Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada capeggiata dal Veronese Alberto Pallotti, contro la decisione del giudice per l’udienza Preliminare di Catania, che aveva concesso un patteggiamento, condannando Anastasia Conti a 5 mesi e 10 giorni di reclusione con la condizionale, pena non menzione, con l’accusa di omicidio stradale per la morte del 25enne, avvenuta a Catania il 6 marzo 2017. La difesa civile chiede l’annullamento della sentenza. chiedendo che la Corte di Cassazione rimetta gli atti alla Corte Costituzionale perchè venga dichiarata l’illegittimità dell’articolo 447 del CPP nella parte in cui non prevede il diritto della persona offesa ad interloquire all’udienza fissata. La direttiva dell’Unione Europea 29 del 2012, declinerebbe nel dettaglio il diritto fondamentale dell’offeso a partecipare al procedimento e al processo, ed in particolare. il diritto ad essere ascoltato e fornire prove. Uno scontro dagli esiti imprevedibili. Gli ermellini potrebbero confermare la sentenza, rendendo così la decisione definitiva. Se invece accogliessero il ricorso della difesa – appoggiata dai familiari di Crisafulli, rappresentati dall’avvocato Giuseppe Incardona ed Emilio Perfetti (A.I.F.V.S onlus) – si celebrerà un nuovo processo. Il caso di Mimmo Crisafulli è un caso che ha fatto molto discutere e che mobilitò anche associazioni che chiesero giustizia affiancando la famiglia in una dura battaglia.

“Dall’archiviazione all’apertura delle indagini, fino ad arrivare al patteggiamento è stata una vergogna inaudita – aveva commentato col cuore in gola Pietro Crisafulli (presidente di Sicilia Risvegli Onlus, responsabile Ass.ne Italiana Familiari e Vittime della Strada delle sede di Catania e regista del film “La voce negli occhi”), padre di Mimmo, ed anche fratello di Salvatore conosciuto come il “Terri Schiavo Italiano” – vogliamo giustizia vera: non si patteggia con la morte. Lei, la signora che si trovava alla guida dell’auto, condannata a 5 mesi e nemmeno sulla carta, a noi è rimasto l’ergastolo del dolore. L’11 febbraio comunque manifesteremo a Roma davanti alla sede della Corte di Cassazione, rigetteranno i ricorsi, ricorreremo alla Corte Europea, facendo condannare l’Italia per l’ingiustizia subita. Speranzoso? E’ l’unica cosa che mi rimane da perseguire per difendere il mio Mimmo e approdare poi a una giusta sentenza…”

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