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PASOLINI di Abel Ferrara

DiThomas Scalera

Ott 15, 2014

01 - PPP sul set di Teorema.

Pasolini, proiettato nelle sale italiane in questi giorni, è stato presentato alla 71ma Mostra del Cinema di Venezia a settembre. Il film è un omaggio di Abel Ferrara al suo maestro: “sono cresciuto vedendo i suoi film e certo lui non è cresciuto vedendo i miei”. Ferrara è buddista, ha meditato sul suo maestro e facendo un film su di lui si è “avvicinato” a lui. Pasolini è interpretato da Willem Dafoe, talmente si è incarnato in lui che Ninetto Davoli (che recita nel film) ha dichiarato: “In alcuni momenti pensavo di vedere Pier Paolo”.

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È la narrazione delle sue ultime 24 ore: rientra da Stoccolma a casa dalla madre (Adriana Asti) e dai cugini (Giada Colagrande, moglie di Willem Dafoe, e Valerio Mastandrea), scrive qualche brano di Petrolio, pranza con la famiglia e la sua amica Laura Betti (Maria De Medeiros), partecipa a una partita di calcio con ragazzi del quartiere, cena da Pommidoro con Ninetto Davoli (Riccardo Scamarcio) con cui discute del suo prossimo film, mai realizzato, (Porno-Teo-Kolossal), in serata porta al ristorante il giovane Pelosi per poi andare all’idroscalo di Ostia ed essere massacrato da un gruppo di uomini mai identificati, tranne Pelosi (nella notte tra il primo e due novembre 1975). Il film si apre e conclude con la madre, la meridiana nella vita del regista, il suo bacio tenero al mattino e il suo volto sfigurato dal dolore alla notizia dell’assassinio del figlio. Chi si aspetta rivelazioni inedite rimarrà deluso, perché Pasolini è stato un intellettuale a 360 gradi, tante e troppe cose da rappresentare in un film, anche per Maurizio Braucci (sceneggiatore) e il regista de Il cattivo tenente, che invece ha preferito far rivivere la sua umanità, la sua complessità, la sua tenerezza. Il film di Abel Ferrara apre a tante angolazioni diverse e da queste entra: la vita, l’anticonformismo, la lucidità politica, la poesia di Pasolini, per fondersi in un linguaggio sensibile e attento alla realtà. Ninetto Davoli interpreta l’uomo ingenuo e puro, colui che prova meraviglia, personaggio che Pier Paolo aveva immaginato per Edoardo De Filippo, ovvero Epifanio che, insieme al suo un angelo custode, segue la stella cometa. L’idea per un film che Sergio Citti trasporrà nel suo I magi randagi. La verità dei fatti è stata rispettata, non c’è bisogno di fare i ‘nomi’, Dafoe ha “cercato di abitare la sua vita”. La fotografia di Stefano Falive mette a fuoco personaggi e luoghi: mai visto il Palazzo della Civiltà del Lavoro all’Eur così bello, pura geometria contro il cielo. Furio Colombo andò quel giorno a intervistarlo sulla ‘situazione’, nota ma di cui era difficile anche allora fare i nomi, rimane il suo monito: “siamo tutti in pericolo”.

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Di Thomas Scalera

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