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Il "Popolo della Notte" e la vicenda di Emanuele Morganti

DiThomas Scalera

Mar 27, 2017
Il problema del “Popolo della notte” esige certamente una serie di significative decisioni e di interventi operativi urgenti che prendano da subito l’interazione delle Forze dell’Ordine, delle autorità civili, delle strutture sanitarie e del volontariato. A questo proposito, si deve da subito esprimere gratitudine alle Forze dell’Ordine che da sempre si battono per elaborare con l’intento di un servizio adeguato e di una ricerca di soluzione al problema. Tuttavia questi interventi non dovrebbero eliminare un’altra necessità: quella di un’azione culturale nel mondo giovanile finalizzata ad elevare notevolmente la capacità critica del giovane in modo che sia lui stesso a discernere dove può trovare una risposta alla sete di vita senza rischiare, come già dicevano gli antichi, di perdere per amore della vita le stesse valide ragioni del sano vivere. In questa prospettiva è da ritenere con ponderata attenzione fondamentale l’ultimo episodio delinquenziale che ha visto la morte del giovanissimo Emanuele Morganti il giovane di Alatri massacrato di botte nella notte tra venerdì e sabato nella piazza centrale della piccola cittadina in provincia di Frosinone. Il giovane era stato sottoposto ad un delicato intervento chirurgico per tentare di ridurre le conseguenze delle lesioni subite ma non c’è stato nulla da fare, il ragazzo si è spento. I genitori hanno autorizzato la donazione degli organi. La morte di Emanuele ha lasciato una problematica aperta per la questione delicata del “Popolo della Notte” si deve da subito lavorare per trattare, ma soprattutto per ridare l’educazione dei sani principi ai giovani, oggi possiamo dire che l’educazione verso l’umanità si è smarrita in una dimensione di non ritorno, si è persa la dimensione culturale che permetteva ai giovani di cercare e gustare il bello, il vero, il buono anche in altri spazi di vita, che non erano solo quelli dell’esaltazione, della comunicazione sonoro-corporea. Si tratta di far capire oggi ai giovani che la comunicazione del corpo non è l’unico linguaggio, che lo sballo non è simbolo divino di esaltazione, che la potenzialità di una persona non può mettere a repentaglio, l’equilibrio somatico e psichico. Bisogna da subito ridare ai giovani possibilità, non nuove, ma inedite per le ultime generazioni. I giovani non gustano più il piacere della lettura, del film, di un’opera teatrale, di un viaggio culturale. Non sono frequentatori di musei e di mostre. Non sono amanti dell’ecologia. Ed oggi ci chiediamo quanti sono veramente i giovani “sportivi”? Recuperando alcune dimensioni, si può fare intravedere ai giovani che il loro tempo può essere speso appagando la loro sete di vita, di bellezza e di incontro in spazi ben diversi da discoteche. Ritornando alla narrazione dell’episodio di cronaca a picchiare il povero Emanuele sono stati altri ragazzi come lui, più o meno coetanei, così hanno riferito i testimoni ascoltati sul posto. Oltre venti persone sono state ascoltate dagli agenti investigativi per cercare di capire chi, in particolare, abbia inferto sul ragazzo i colpi mortali che gli sono stati fatali, quelli che gli hanno provocato le fratture al cranio ed alle vertebre cervicali; colpi inferti probabilmente con un grosso oggetto di ferro, una spranga o una chiave inglese. Nel pomeriggio di ieri, il cerchio si è ristretto e nove persone che sono state trattenute più a lungo in caserma. Decine i testimoni e gli amici del giovane ascoltati dai carabinieri. Secondo quanto trapelato, al centro dei sospetti ci sarebbero dei giovani italiani e albanesi, alcuni dei quali verranno ancora sentiti in queste giorni dal Pm della procura di Frosinone, Vittorio Misiti. Nello specifico si tratterebbero di 4 buttafuori del locale, tre di nazionalità albanese, un uomo di Ceccano (Fr) ed altri giovani di Alatri.
Al ‘Mirò’, un circolo Arci che è situato nella piazza Margherita nel centro storico di Alatri – già teatro di altre risse in passato – il giovane era arrivato dalla frazione di Tecchiena, dove abita con la sua famiglia. Si era recato insieme alla sua ragazza per ascoltare della buona musica.
Verso le due di notte, secondo quanto ricostruito dalle indagini dei carabinieri, i due ragazzi erano al bancone del bar consumando una bevanda quando si è avvicinato un giovane albanese che ha iniziato a importunare con insistenza la fidanzata di Morganti. Emanuele ha reagito. È scoppiata una lite. Sono intervenuti i buttafuori del locale, che hanno portato i due all’esterno. Qui la lite sarebbe precipitata coinvolgendo in una maxirissa il gruppo degli amici dell’albanese con quello di Morganti mentre intorno in molti assistevano terrorizzati alla scena delinquenziale. Emanuele sarebbe stato colpito con pugni e calci, poi uno degli aggressori avrebbe preso un oggetto di ferro, forse una spranga o una chiave inglese e avrebbe colpito alla testa il giovane che a quel punto è caduto a terra incosciente. I carabinieri da subito hanno concentrato la loro intuizione investigativa che i colpi letali possano essere stati sferrati da uno dei buttafuori coinvolti nella rissa. Morganti dopo un po’ è stato soccorso e ricoverato inizialmente all’ospedale San Benedetto di Alatri, dove i medici hanno riscontrato fratture multiple al cranio e alla zona cervicale con emorragia cerebrale. Le sue condizioni hanno spinto i medici a richiederne da subito il trasferimento immediato a Roma con l’elisoccorso, dove purtroppo il ragazzo è deceduto, dopo una lenta agonia. La famiglia ha deciso di donare gli organi, dando da subito l’immediata autorizzazione all’espianto.
La morte di Emanuele ovviamente, comporta, una discussione sulla tematica del “Popolo della Notte” da un lato, abbiamo i giovani che ingranano alcune marce ridotte, magari anche la retromarcia, cominciando dall’autocostrizione a capire cosa sono i veri valori umani (le ultime statistiche riferiscono di giovani che non sanno cosa sia un valore educativo). Dall’altro lato, bisogna che l’organizzazione dell’impianto culturale di un comune o di una città, di una parrocchia o una diocesi sia più a livello giovanile. Quanti giovani potranno andare al cinema se il biglietto costa quello che costa? Non dice niente a nessun il fatto che, di mercoledì, quando il biglietto costa meno, le sale sono piene di giovani? E quante biblioteche sono aperte le ore seriali? Oggi chi può permettersi tra i giovani che non siano figli di papà un abbonamento al Teatro San Carlo o all’Arena di Verona salvo stiparsi nei loggioni? E il lavoro? Se i giovani vivono di notte, perché sono costretti a dormire di giorno o a vegetare sui banchi di una scuola che non li attira perché li prepara nella maggioranza dei casi alla disoccupazione.
Sono perciò da sottoscrivere in pieno le nostre parole ricordando l’esempio del cantautore rock Luciano Ligabue che a “Il Giorno” e a “La Stampa” ha fatto queste dichiarazioni significative: “chiunque voglia affrontare il problema del disagio giovanile deve chiedersi perché un ragazzo cerca tutto quanto nelle negatività della società. Il fatto è che un ragazzo dovrebbe avere una vita migliore, per non aver bisogno di andar oltre il mondo marcio delle discoteche. In questo mondo si sfogano tutte quante le tensioni che sono state accumulate durante l’arco della vita; è per questo che i ragazzi sentono il bisogno di farsi le sostanze stupefacenti, per loro non importa avere un rapporto con gli altri. Oggi le discoteche sono un luogo incurabile che ti porta ad abbandonare i valori sani con cui sei cresciuto …. Dobbiamo far crollare certi miti insensati, provare meno affanno e provare più senno. Un ragazzo ha bisogno di punti di riferimento seri: possiamo servire noi dell’informazione con i nostri editoriali, ma servono più la scuola e la famiglia…” Non possiamo però fare a meno di condividere il dolore di troppe famiglie che hanno avuto figli morti così tragicamente e le ansie e le preoccupazioni dei genitori che attendono con apprensione il ritorno a casa dei figli che, in giro per tutta la notte, prendono d’assalto le discoteche soprattutto il sabato sera. Per gli psicologi questo dramma è causato dalla “solitudine che porta i giovani ad assumere atteggiamenti distruttivi.” Vogliamo ricordare che la vita è un bene prezioso e merita una maggiore considerazione da parte di tutti, sia adulti che giovani. Come dice il Papa, dobbiamo tutti operare attivamente per “costruire una nuova cultura della vita.” Bisogna cambiare i richiami che vengono fatti alla responsabilità e alla determinazione della società, ma soprattutto alla complessità del mondo giovanile, non escludendo, anzi sollecitando a fare un invito diretto ai giovani affinché non lascino cadere nel vuoto queste sollecitazioni e siano loro stessi i promotori di attenzioni nuove nella società. Per concludere ribadisco ai giovani di togliersi la maschera della negatività. I genitori crescono un figlio con i sacrifici che la vita di oggi richiede.
I genitori non possono perdere i loro figli per colpa di un terribile odio aberrante. Onore a questi familiari che hanno deciso di donare gli organi di Emanuele per dare speranza a qualcuno che non conoscono. Chiudiamo il nostro editoriale affermando che la vita è un bene prezioso da tutelare. Oggi bisogna essere supereroi per essere l’esempio di quei grandi sani principi educativi della vita. L’odio non può distruggere la vita dei giovani.
Fonte leggo.it
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Di Thomas Scalera

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