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Torino. La vita spezzata di Elisa Beatrice Rattazzi freddata dall’ex marito


Elisa Beatrice Razzani, la giovane madre uccisa per gelosia

A Barriera di Milano, provincia di Torino, il 20 maggio del 2008, sette colpi di pistola calibro nove stroncarono la vita ad una giovane madre di trentadue anni, Elisa Beatrice Rattazzi.
Fu così che una madre amorevole e attenta di due bambini di 6 e 7 anni, trentaduenne, fu uccisa dall’ex marito Raffaele Cesarano, quarantacinquenne, dal quale la donna si era separata.
Quella maledetta sera una strada di una provincia di Torino divenne una corte di giustizia arrangiata, un ring in cui due coppie di amici si incontrarono per chiarirsi: Elisa e Raffaele, con Giuseppe e la moglie. Un patibolo su cui si pretese la confessione dei due amanti.
Giuseppe negò a differenza di Elisa che esplose e gridò che era accaduto veramente.
Si passò dunque alla esecuzione: Raffaele, con la pistola per cui era stato ritenuto “non pericoloso”, uccise la moglie e ferì l’amico gravemente.
In pieno giorno, all’aperto, sotto gli occhi di ignari spettatori, si consumò un delitto durante una sparatoria. Raffaele si consegnò immediatamente ai carabinieri, probabilmente non potendo fare altrimenti.
Uccisa da sette colpi di una pistola, sequestrata dopo la denuncia di Elisa, poi restituita al Cesarano, guardia giurata, perchè considerato non pericoloso.
Una tragedia dunque che poteva essere evitata in quanto la donna aveva sporto denuncia.
Raffaele, quando vide la sua ex moglie, in compagnia di un altro uomo, nei pressi della casa che era stata la loro casa, perse la testa decidendo di ammazzarla e di ferire Giuseppe Cardella, il trentatreenne che era con lei.
La relazione di Elisa e Raffaele si era prolungata tra alti e bassi con l’arrivo poi dei due figli. Fu la nascita dei bambini a portarli al matrimonio, un’unione che mai bastò ad attenuare i dissidi della coppia.
Infatti fra reciproche scenate di gelosia e continui litigi le nozze anziché rasserenare complicarono il loro rapporto ancor più.
Un quadro familiare in cui Raffaele era dipendente dal gioco, Elisa invece sempre più depressa.
Suo marito la accusava continuamente di indolenza dimostrando insensibilità alla depressione della stessa, gridando contro di lei e picchiandola senza alcun motivo.
Questo fino a quando, a detta di chi frequentava la loro casa, le botte non diventarono sempre più forti.
Fu a questo punto del loro matrimonio che entrò in gioco l’amico della coppia Giuseppe Cardella il quale cominciò a frequentare sempre più spesso la casa dei coniugi.
Nel dubbio se ci fosse o meno una relazione tra sua moglie e Giuseppe, un giorno Raffaele, furioso di gelosia per i suoi sospetti, picchiò la moglie così forte da indurla a implorare la morte.
La donna arrivò al punto di chiedergli di spararle in testa con la sua pistola di guardia giurata.
A quel punto arrivarono i carabinieri sequestrandogli l’arma. Si giunse così alla separazione anche se Raffaele non si rassegnò tempestando di messaggi appassionati Elisa.
La coppia divorziò ed Elisa tornò a vivere dai genitori, a pochi passi dall’abitazione che condivideva con l’ex marito, portando con sè i figli. Una scelta che Raffaele non accettò mai, chiedendo costantemente di poter tenere con sé i bambini. Poi a tormentarlo fu anche il pensiero fisso di un tradimento: la certezza che sua moglie avesse una relazione extraconiugale con l’amico Giuseppe.
Quel che è doveroso sottolineare è che Elisa Beatrice, durante il periodo di convivenza con il marito, fu vittima di maltrattamenti in famiglia. E che durante uno degli ennesimi episodi di violenza domestica intervennero i carabinieri, sequestrando l’arma alla guardia giurata.
La stessa pistola che la prefettura in un secondo momento riconsegnerà all’uomo perché considerato “non pericoloso”, la pistola con la quale ammazzerà Elisa e ferirà gravemente il vecchio amico, presunto amante di lei.
A Raffaele dunque, pur se paranoico ed ossessivo, la Procura restituì l’arma in quanto ritenuto non pericoloso. L’accento va posto su questa gravissima leggerezza costata la vita ad Elisa.
Come gravissimo fu, durante l’intero processo e la lettura della sentenza, non spendere una sola parola sulla pistola restituita, sulle parole che tutt’oggi risuonano come scherno: ‘non pericoloso’.
L’assassino pochi minuti dopo averle sparato, si costituì recandosi dai carabinieri della vicina caserma e confessando il gesto. Questo mentre Elisa Beatrice era riversa esanime sull’asfalto, un attimo prima di essere soccorsa dal pronto intervento sanitario. Risultò inutile ogni tentativo di rianimala a differenza del Cardella che riuscì a sopravvivere restando però evirato perché colpito da un proiettile ai testicoli.
Cesarano, dopo il processo con rito abbreviato, fu condannato a 18 anni di reclusione per omicidio e tentato omicidio.
Da quella sentenza sono passati anni, anni in cui raramente è stata ricordata Elisa, una donna vittima di femminicidio che risulta ahimè essere il ritratto di tante donne che restano schiacciate dalla scelta amara di aver condiviso la propria vita con uomini immeritevoli, insicuri e rancorosi.
Storie come la sua vanno ricordate, malgrado il dolore che ritorna come fosse un morso al cuore, per non dimenticare cosa non sia l’amore, cosa si rischia quando si perdona la violenza perché tale oblio non fa che promuovere il loro atroce ripetersi.

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Di Annamena Mastroianni

Docente. Media Educator. Formatrice.

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