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Che vuol dire “essere tra Scilla e Cariddi”?

Questo modo di dire significa trovarsi nel mezzo di due pericoli dai quali non è possibile scampare, come diremmo in alternativa, tra l’incudine e il martello. Il mito è ambientato nello Stretto di Messina, chiamato nell’antichità Stretto di Scilla e Cariddi.

Secondo la mitologia, Scilla (colei che dilania) era una bellissima ninfa che abitava le coste della Calabria e che spesso passeggiava lungo la riva del mare suonando la cetra. Un giorno comparve dinanzi ai suoi occhi emergendo dalle onde del mare Glauco, un essere metà uomo e metà pesce che subito si invaghì della graziosa ninfa. Le raccontò come, da semplice pescatore che era fu poi tramutato in un semidio, cosa che lo rattristava perché aveva visto tramutare il suo corpo in pesce dalla vita in giù.

Scilla sembrava indifferente al racconto di Glauco, il quale chiese aiuto alla maga Circe affinché, con qualche filtro magico, la ninfa si fosse innamorata di lui. La maga Circe non fu certo d’aiuto: infatti, innamoratasi di Glauco, trasformò Scilla in un orrendo mostro dal corpo di donna nella parte superiore, e con dodici piedi di cane e sei lunghe teste di serpente dal ventre in giù. La ninfa, vedendo il proprio aspetto così imbruttito, per disperazione si gettò in mare nascondendosi nella sponda calabrese dello stretto di Messina e lì visse per sempre divorando con le sue bocche tutti i naviganti che le si avvicinavano.

Cariddi (colei che risucchia) , era una ninfa figlia del dio del mare, Poseidone e viveva lungo le coste siciliane ove soddisfava i suoi noti istinti di voracità. Anche lei era stata tramutata in un gigantesco mostro marino da Zeus come punizione per aver rubato e poi divorato i buoi di Ercole.

La sua bocca, grande quanto una voragine e perennemente affamata, risucchiava e poi rigettava tre volte al giorno le acque del mare e le navi che le solcavano, seminando terrore e morte. Il mito di Cariddi che ingoia e rigetta le acque è stato anche utilizzato per spiegare il fenomeno delle maree.

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