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La spada di Damocle

L’origine dell’ espressione :”sul suo capo pende la spada di Damocle“, per indicare un pericolo dalle conseguenze disastrose che potrebbe realizzarsi improvvisamente, è alquanto confusa.

Dell ‘aneddoto che stiamo per raccontare ne parla Cicerone nelle Tusculanae disputationes, ove apprendiamo che Damocle era un membro della corte di Dionigi I, il  il tiranno di Siracusa tra i più illuminati e coraggiosi dei suoi tempi, nonché mecenate che vantò per qualche tempo presso la sua corte persino il filosofo Platone.
In un dialogo tra il tiranno e Damocle, quest’ultimo sosteneva che Dionigi fosse un uomo fortunato, il più felice del mondo perché detentore di grandi poteri, prestigio e un’ autorità tale da renderlo invulnerabile.
 Dionigi allora fece sedere Damocle sul suo trono chiedendogli di prendere il suo posto per un giorno al fine di poter tastare con mano i benefici della sua fortuna ed eventualmente trarne vantaggio. Il cortigiano accettò ben volentieri, del tutto ignaro di quello che di lì a poco avrebbe compreso.
Nello stesso giorno, durante un banchetto ricco di cibi raffinati e di  tutto ciò che poteva soddisfare gli istinti umani, Damocle notò una spada pendente dal soffitto al quale era appesa mediante un crine di cavallo e posta in corrispondenza del trono stesso in modo così precario da poter cadere da un momento all’altro.
 Dionigi l’aveva posta là per far capire quanto instabile e pericoloso fosse quel potere al quale tutti aspiravano senza considerare però le responsabilità e le continue minacce per l’incolumità che esso comportava. La spada non era ben visibile, ed era resa visibile solo una volta seduto sul trono.
Damocle si alzò immediatamente e, compreso quanto insicura ed esposta a mille pericoli fosse la posizione di un uomo potente, chiese di tornare a vestire i panni del semplice cortigiano.
Oggi potremmo dire al riguardo che non è tutto oro quello che luccica!
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