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Perché si dice “capro espiatorio”?

Il capro espiatorio era un capro che veniva utilizzato in antichi riti ebraici che si tenevano nel cosiddetto “giorno dell’espiazione”. Come raccontato nell’Antico Testamento, nel libro del Levitico, in questo giorno, il sommo sacerdote  sceglieva tra due capri che venivano offerti dalla comunità.

Il primo capro scelto, chiamato “capro espiatorio“, veniva immolato all’ingresso del Tempio di Gerusalemme e con il suo sangue veniva purificato il tempio e l’altare che erano stati resi impuri dai peccati del popolo.

Il secondo capro invece, sul quale il sommo sacerdote imponendo le mani, deponeva i peccati del popolo d’ Israele, era chiamato “capro emissario” e veniva portato nel deserto, lontano da Gerusalemme, per poi essere gettato da una rupe. Con l’imposizione delle mani del sommo sacerdote, il secondo capro aveva raccolto su di sé i peccati di tutto il popolo diventando impuro.

Per questo motivo, non poteva essere sacrificato sull’altare ma doveva essere allontanato e doveva portare con sé nel deserto e nel precipizio in cui veniva barbaramente ucciso, i peccati di cui era foriero. Anche questo secondo capro fu poi chiamato espiatorio, proprio perché anche il suo sacrificio contribuiva ad espiare i peccati del popolo d’Israele.

Questo rito è stato spesso interpretato come prefigurazione del sacrificio di Cristo: anche Gesù infatti morì lontano da Gerusalemme dopo essere stato ingiustamente accusato.

Con il termine “capro espiatorio” si intende in senso figurato qualcuno che viene accusato di malefatti o reati di cui deve rispondere senza avere alcuna colpa. Cercare spasmodicamente un capro espiatorio spesso nasconde l’intento di coprire i veri colpevoli attribuendo in modo irragionevole  responsabilità e colpe a soggetti innocenti.

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