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Perché si dice “ritirarsi sull’Aventino”?

Dire “ritirarsi sull’ Aventino” significa boicottare un’ attività, un lavoro, una propaganda o altro tramite la propria assenza e auspicarne il fallimento.

L’ Aventino è uno dei sette colli di Roma, teatro di ben due “ritirate”: la prima, dopo la morte dell’ultimo re di Roma Tarquinio il Superbo, la seconda venticinque secoli dopo, nel 1924.

Ai tempi dell’aspra lotta tra patrizi e plebei, in seguito all’inasprimento fiscale e all’oppressione operata dall’oligarchia patrizia, i plebei abbandonarono la città di Roma e si ritirarono sul colle Aventino, rifiutando qualsiasi tipo di collaborazione con la controparte.

In questo clima di tensione, il senato inviò come mediatore Menenio Agrippa, il quale, pronunciando un celebre discorso, riuscì a placare gli animi turbolenti dei plebei, persuadendoli a tornare a Roma.

Agrippa argomentava raccontando di come una volta le braccia si rifiutarono di portare il cibo alla bocca e di servire lo stomaco, considerato un fannullone che si limitava a digerire il cibo senza fare nulla per procurarselo. Dello sciopero delle braccia, ne risentì tutto l’organismo, sia lo stomaco ( che metaforicamente rappresenta i patrizi), sia gli arti (i plebei), e su questo aspetto Agrippa invitava il popolo a riflettere. Egli evidenziava come, con la loro secessione, i plebei non avrebbero arrecato danno solo ai patrizi oppressori ma anche a se stessi, alterando tutto l’equilibrio del corpo della società.

Nel 1924, i protagonisti della seconda ritirata sull’ Aventino furono alcuni parlamentari che, capitanati dal liberale Giovanni Amendola abbandonarono Montecitorio in seguito all’assassinio del segretario del Partito Socialista Unitario Giacomo Matteotti, e per protesta si recarono sul colle con l’intento di protestare contro il feroce delitto operato dai fascisti.

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