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Totò a Colori, la Storia del perché fu ambientato a “Caianiello”

VAIRANO SCALO, 1951, una torrida estate del sud Italia. Totò, Nino Taranto e Michele Galdieri viaggiano su una lussuosa FIAT 1400 e percorrono la Casilina provenendo da Cassino e dirigendosi verso Napoli. All 14:15 entrano in un piccolo centro abitato, con un distributore Esso sulla destra, una piccola piazza con un bar e una stazione ferroviaria. La strada è stata da poco sistemata, ma non è ancora ben asfaltata e gli ammortizzatori della berlina di punta della FIAT risente un po’ degli scossoni.

La piazza di Vairano Scalo – credits www.tavernacatena.com

Appena passata la piazza ecco che succede qualcosa di strano, la macchina fa uno strano rumore, sbanda, tira a destra. Non è un problema, in quel periodo quella, seppure importante come arteria, non era per niente trafficata come oggi. “Ruota bucata, accidenti”. Galdieri chiede all’autista di scendere a controllare, “si è vero dottò, sta proprio a terra, è squadrciata”. Una pietra aveva tranciato di netto la ruota.

Totò interpreta Pinocchio

Fa caldo, il Principe e Nino Taranto escono dalla macchina accaldati, qualcuno li nota, la voce inizia a diffondersi. Dopo qualche minuto, intorno alla nera berlina di casa FIAT si raccoglie un capannello di “curiosi”. Il Principe De Curtis è già molto conosciuto, la TV non è arrivata ma il cinema è già abbastanza utilizzato dagli abitanti del posto.

“Ma chill non è Totò?”, “Principe, siete voi?” si cominciava a sentire un vociare che dalla Casilina si estende a tutto il paesello. Il manipolo di curiosi diventa una folla di persone, che circonda la macchina. “Principe, non vi preoccupate, ci pensiamo noi, vi spingiamo fino all’officina, poi ci penserà Ulisse.”

Ulisse Zucchi era il gommista del paese, un uomo che sapeva fare il suo lavoro. Quando vede questa 1400 arrivare nella sua officina con dentro Totò e Taranto non gli sembra vero, rimane per un po’ pietrificato.

Poi, datosi una scrollata, prende il crick e solleva la macchina, “principe adesso sistemiamo tutto”, 10 minuti e la ruota è riparata, in men che non si dica. Totò osserva Ulisse, gli stringe la mano e lo ringrazia, il gommista, fiero “Maestro, per lei è gratis, non voglio nulla, fate buon viaggio”.

Il Principe osserva fiero l’uomo che l’ha omaggiato, gli stringe la mano, si gira e va via. Fa tre passi, si ferma, si rivolge ad un giovane curioso della folta folla che si è raccolta e dice con il suo tono perentorio “Giovanotto, ma qui dove ci troviamo?” e il giovane “Principe, stat mmiez Caianiell”.

Quando Galdieri (lo sceneggiatore) consegnò il plot del primo film a colori italiano, Totò a Colori appunto, decise di ambientare il film nel paesello i cui abitanti erano stati tanto gentili e disponibili durante quell’episodio spiacevole accaduto sulla Casilina. Purtroppo, evidentemente, lo stesso trascrisse male il nome, tradito dalla “i” presente nella forma dialettale “Caianiell” che, italianizzandola, diventò “Caianiello” al posto di Caianello. (Nel film viene riportata sia la versione “Caianiello” che la versione “Caianello”, come si vede dalle foto).

Lo striscione con la dicitura corretta
25:56 del film, invece, viene utilizzata la dicitura “scorretta” con la “i”

Questa storia è stata raccontata da mio nonno ai miei zii e poi è arrivata a me.

C’è da dire che, contrariamente a quello che credono i più, neanche una sola immagine del film Totò a Colori è stata girata a Caianello (e neanche a Vairano), poichè la produzione decise di ambientare il film nella cittadina di Capena e in quella di Vico Equense, come da documentazione prodotta dal prof. Giuseppe Angelone.

Un ricordo straordinario, una storia molto singolare che riguarda la più grande maschera di comicità italiana e un piccolo centro dell’Alto Casertano, Caianello, o Vairano Scalo se preferite, ma tanto, per molti, è la stessa cosa.

GUARDA IL FILM COMPLETO

https://www.youtube.com/watch?v=9kZWLMdNCqA
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