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Gender pay gap e disoccupazione femminile: la maternità come arma per tagliarci fuori

Negli ultimi anni, nonostante le innumerevoli svolte culturali, sociali, nonostante l’affermazione della donna come individuo che ha diritto a realizzarsi personalmente, seguendo le sue attitudini e predisposizioni, e l’affermazione della sua valenza sociale, sono rimasti invariati alcuni concetti chiave per poter cambiare, effettivamente, la posizione della donna e purtroppo, questi concetti sbagliati riguardano la maternità. Dal momento in cui la donna, dopo un degno percorso di studi e formazione, annuncia una gravidanza sorgono nella maggior parte dei posti di lavoro, un mare di problemi. Anni fa, addirittura, le donne erano convinte, dai datori di lavoro, a firmare un foglio bianco di dimissioni in caso di gravidanza, cosa, ad oggi, fortunatamente, considerata illegale. Nonostante questo, tuttavia, si propinano esempi di donne, che al momento della scoperta della gravidanza, abbandonano il lavoro, non per loro colpa, ma perché incompatibile con le esigenze di quello che sarà il percorso privato che andranno ad affrontare. Questa è un enorme sconfitta per la società in cui viviamo, una società che si spaccia per moderna ma che conserva, in sé, l’ancestralità di alcuni concetti. Solitamente la scelta delle mamme di abbandonare il lavoro, come dicevo, è dovuta dell’incompatibilità con il percorso personale della maternità e con i ritmi che esso comporta. Lavorare a tempo pieno significa non aver modo e tempo di offrire cure di supporto basilari ai propri figli, soprattutto se neonati. Considerando che un bambino è neonato, cioè necessitario di cure di un certo tipo, fino ai tre anni e le aziende propongono un periodo di maternità di soli sei mesi nella maggior parte dei casi, ecco che , in assenza di altre reti di supporto la donna è costretta ad abbandonare il lavoro. Molte donne optano per il part time, che ha il pro di conservare l’occupazione, riuscendo, faticosamente, anche a prendersi cura dei figli ma determinano il gender pay gap, ossia la diversità di pagamento, naturalmente di natura diminutiva rispetto ad un uomo. Tutto questo crea un enorme divario tra uomo e donna e le funzioni che andranno a svolgere in relazione al problema “lavoro/famiglia”. Perché la donna deve sentirsi tagliata fuori dal sistema economico sociale, e l’uomo continuare a vivere normalmente anche in caso di paternità? È il momento di abolire queste differenze e di fornire reti assistenziali alle donne per non sentirsi sole nel viaggio più bello della loro vita.

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