• Lun. Apr 29th, 2024

Diritti LGBTQ+ e leggi contro l’omosessualità

Abbiamo bisogno di convincere le persone a fare una distinzione tra ciò che rappresenta un crimine e ciò che non lo è” ha dichiarato il cardinale Peter Turkson alla BBC.

Sono almeno 67 i paesi nel mondo che vietano e puniscono le relazioni omosessuali tra adulti consenzienti e circa la metà di questi paesi si trova nel continente africano, dove addirittura in paesi come il Ghana si va verso una maggiore severità delle pene. Ma il cardinale Peter Turkson del Ghana mantiene un atteggiamento più cauto al riguardo dichiarando alla BBC che “L’omosessualità non dovrebbe essere un reato penale e le persone dovrebbero essere aiutate a comprendere meglio la questione”. Una posizione, quella del cardinale, che si allinea a quella di Papa Francesco che ha recentemente aperto un faro a favore della benedizione di coppie dello stesso sesso.  È dunque in corso un acceso dibattito nel parlamento ghanese su un disegno di legge che, se approvato, potrebbe prevedere una pena detentiva di 3 anni per coloro che si dichiarano LGBT e di 10 anni per coloro che i diritti LGBTQ+.

LGBT è un acronimo che sta ad indicare le lesbiche, i gay, i bisessuali e i transgender. A questa sigla è stata recentemente aggiunta la lettera “q” che sta per “queer”: termine inglese che letteralmente significa “eccentrico”, “insolito” e fa riferimento a chi non si definisce né eterosessuale né cisgender, a chi ancora non ha capito a quale orientamento sessuale appartiene o a chi non intende precisarlo. Il segno “+” indica gli intersessuali, cioè, come afferma l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, chi, per caratteristiche fisiche visibili o invisibili, ha un corpo che “non corrisponde alla definizione tipica dei corpi maschili o femminili”.

Il Ghana, dunque, pare che stia per intraprendere la stessa strada battuta dall’Uganda che il 26 maggio scorso ha approvato la “Legge antiomosessualità 2023”, a firma del presidente ugandese Yoweri Museveni, che prevede condanne molto più severe rispetto al passato per coloro che intrattengono relazioni omosessuali. Nello specifico le pene vanno dai 10 anni di prigione fino ad arrivare alla pena di morte. Quest’ultima è prevista per i casi di omosessualità aggravata, nel caso in cui un soggetto abbia avuto un rapporto sessuale da sieropositivo o con un minorenne. Il provvedimento era stato preso in seguito ad alcuni casi sospetti di rapporti tra omosessuali nei collegi scolastici. Ma le conseguenze in seguito all’entrata in vigore della legge in questione hanno già comportato un isolamento dell’Uganda da parte dell’occidente, che aveva a suo tempo espresso parere negativo in tal senso. Il presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, aveva chiaramente definito la sua approvazione come una violazione dei diritti umani. Una presa di posizione così forte da parte del governo ugandese potrebbe dar luogo al fenomeno noto come “migrazione LGBT” o “migrazione queer” cioè un flusso migratorio che avviene a livello locale o internazionale che vede lesbiche, gay, bisessuali e transessuali fuggire dai loro paesi di origine verso paesi più tolleranti. E pare sia maturata proprio in Uganda, come in altri paesi africani, la convinzione che l’omosessualità sia stata importata dall’occidente e il presidente ugandese Museveni, che da sempre considera l’omosessualità un crimine, accusa l’occidente di “imporre le sue pratiche su altri popoli”.

Le leggi antiomosessualità hanno dunque un impatto sociale fortemente negativo che si ripercuote sull’accesso al mondo del lavoro e non solo. Tra i 67 paesi nel mondo che criminalizzano il sesso tra i gay, quasi la metà si trova in Africa che ad oggi rappresenta il primo paese più colpito dall’HIV. “Quando le persone LGBTQ+ e altre comunità emarginate vengono stigmatizzate e criminalizzate, il loro accesso ai servizi sanitari salvavita viene ostacolato e la risposta all’HIV viene indebolita”, ha affermato Winnie Byanyima, direttore esecutivo di UNAids.

In occasione della Giornata Mondiale contro l’AIDS del 1° dicembre, l’ONU ha dichiarato che ogni minuto viene persa una vita a causa della malattia. L’anno scorso, 1,3 milioni di persone sono state infettate dal virus dell’HIV e circa 9,2 milioni di persone colpite dal virus non hanno avuto accesso alle necessarie cure mediche. Tra i gruppi più colpiti figurano gli uomini gay, le persone transgender, le prostitute e i tossicodipendenti. Sempre secondo l’Onu le adolescenti dell’Africa sub-sahariana sono ad alto rischio di infezione, con 3.100 ragazze e donne di età compresa tra i 15 e i 24 anni che contraggono l’HIV ogni settimana, rappresentando il 77% delle nuove infezioni tra i giovani a livello globale.  

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Di Claudia Cozzolino

Laureata in Lingue e Civiltà Orientali presso l'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale", area di specializzazione Vicino e Medioriente. Ricercatrice e traduttrice freelance.

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