• Sab. Apr 27th, 2024

Folle d’amore, la fiction che non rende giustizia ad Alda Merini

Folle d’amore – Alda Merini

Il commento della figlia Barbara: “Non ritrovo mamma in questa fiction”

Folle d’amore – Alda Merini è il filmtv proposto da Rai Fiction nato per raccontare la vita di una delle figure più importanti della letteratura italiana del novecento, quella di Alda Giuseppina Angela Merini nota come Alda Merini. Arriva a quindici anni dalla sua scomparsa e ad interpretarla nelle sue differenti fasi si sono alternate Sofia D’Elia da adolescente, Rosa Diletta Rossi da giovane donna e Laura Morante da adulta.

Alda Merini nacque nel “ventuno a primavera”, così come recitò lei stessa in una meravigliosa poesia e con la sua nascita segnò l’inizio di una rigogliosa stagione della poesia novecentesca anche se la sua vita fu tutt’altro che roseo viaggio. Il tentativo “di raccontarne la biografia nei suoi momenti salienti, per farla conoscere anche come donna e madre” così come spiegato dallo stesso regista Roberto Faenza, giudicato mancato per molti che ne hanno commentato la visione, non ha reso infatti giustizia all’essenza della impronta emotiva e artistica della Merini.

Evidentemente non è bastata la sensibilità che sicuramente contraddistingueva le attrici che hanno interpretato la scrittrice a rendere agli occhi dei telespettatori, l’arte mescolata agli affanni di una donna straordinaria che ha visto la sua salvezza nel costante parto delle parole. Se è vero che la sua vita germogliò in un’infanzia difficile e proseguì patendo guerra, ricoveri in centri psichiatrici, incomprensioni e abbandoni Alda, masticando la sua esistenza, tra i primi e i successivi scritti, i matrimoni, i figli, gli amici intellettuali, i premi, non ha però mai rinunciato al diritto dovere di essere semplicemente se stessa.

Resa immortale dalla sua sensibilità, dalla profondità con cui riusciva a sentire le cose, scavare le radici dell’animo umano, di ciò che non aveva bisogno a tutti i costi di essere definito, dalla capacità di catturare anche la più minuziosa delle contraddizioni e delle difficoltà umane, era ed è nella vita di tante donne che magari non sanno di avere Alda Merini nella loro vita. Un film che ha disatteso tutte le aspettative sia di chi ha avuto l’onore di abbracciare realmente la sua esistenza che di coloro che l’hanno letta e amata per ciò che è stata capace di donare con la sua sacralità di pensiero e di azione alla umanità tutta.

È stato perciò inevitabile che i commenti fioccassero nei giorni a seguire sul web, sulla carta stampata e sulla bacheca del profilo Facebook di una delle sue figlie, Barbara Carniti. Ecco il commento: “La storia della fiction è diventata più grande di quel che doveva essere. Il mio era un tranquillo commento rispetto alle mie sensazioni. Le mie. Non voleva assolutamente annullare il valore di questa fiction, anzi. Rimango sempre onorata e rispettosa di chi fa di tutto per cercare di mantenere viva la sua memoria. L’unica cosa che ho detto è che, aspettandomi qualcosa che conoscevo, non l’ho ritrovata in questa fiction. È anche un genere di trasmissione che a me non piace, a prescindere, quindi probabilmente il taglio per me non andava bene. Mi è dispiaciuto tantissimo che in questa fiction non ci fossero tanti episodi importanti, dalla produzione artistica, ai veri premi ricordiamoci come il Premio Librex Montale con La Terra Santa vinto del 93, con Lucio Dalla e tanti tanti altri che hanno consacrato la poetessa stessa. Quindi è mancato questo. È mancato il vedere molti amici che comunque negli anni si sono susseguiti e quelli più importanti che nel tempo hanno comunque contribuito anche al benessere di mia mamma. Perché c’era anche una persona che la accompagnava magari ai premi, piuttosto che la persona che le portava la minestra. Ad esempio Giuseppe D’Ambrosio Angelillo, soprannominato il Giuseppone, un piccolo editore che, nonostante avesse difficoltà economiche, non si è tirato indietro anche dal punto di vista pratico. Abbiamo il tipografo-editore Alberto Casiraghy e la storia delle edizioni Pulcinoelefante, Giuliano Grittini (da anni, con le immagini campiona il suo lavoro ininterrottamente), l’attore-regista-poeta cileno Manuel Serantes Cristal non è stato nominato ma è stato un uomo che comunque l’ha accudita in tutte le sue forme. Oltretutto abitando accanto a lei, aveva istituito un teatro dove rese possibile la prima rappresentazione teatrale di mamma. Io capisco la scelta di questa voce narrante che racconta la vita di mamma, ci mancherebbe, ma questa voce narrante mi ha dato un senso di solitudine come se fossero solo loro due al mondo quindi mi ha lasciato una tristezza infinita. Mi ha trasmesso un senso di solitudine, di tristezza. Poi, mamma ha sempre avuto un modo di vestire molto estroso, di certo non come quello rappresentato nel film e ho avuto la percezione, ma ripeto la mia percezione, che sia stata svestita di tutte quelle che erano le sue caratteristiche e rivestita in un modo adeguato per i benpensanti. Quindi una persona sempre elegante, una persona sempre posata, una persona sempre educata e che non era lei. Non è che non fosse educata ma non era così. Questo tipo di donna che piace alla società, sempre in ordine, sempre perfetta e quant’altro. Cioè l’unico momento di possibilità di espressione della sua fisicità è stata in manicomio però lì per forza, non potendo mettere nessun vestito ma mamma era molto colorata, molto variopinta. Questi vestitini così perfetti non la rappresentano. Al di là del fatto che fossero inamidati o meno ma la percezione, quello che è arrivato a me, è Alda Merini così sporca, così solitamente disordinata e quant’altro non ci piace, ripuliamola e facciamola apparire una donna altolocata. Non lo so ma non mi è piaciuto. Poi ripeto il valore di questa fiction sicuramente ha portato a conoscenza tante persone di questa figura poetica e sicuramente ci saranno dei riscontri più che positivi. In soli due giorni hanno inserito Alda Merini come traccia della maturità 2024, lo fecero già nel 2018. Si parla tanto di lei, della sua storia. Sicuramente questa fiction apre un varco ad una conoscenza ancora più approfondita, quello si, quello senza ombra di dubbio.”

La sua originale energia artistica, la sua ineguagliabile penetrante emotività, ha conquistato un posto di rilievo nella nostra letteratura contemporanea e conquista da anni gli occhi e l’anima di chi, leggendola, naviga nella sua luminosa saggezza, intatta malgrado le ingiustizie subite e i torti che le hanno rigato il viso e nutrito una sorta di detestato e poi cercato, sfinimento. La fiction ha lasciato intendere che Alda fosse distaccata dalla vita tutta, come se volesse vivere non soltanto bastandosi ma ritenendo tutto il resto superfluo ma così non fu perché, sebbene attraverso il suo esempio di donna, di persona, ha insegnato il dono della disobbedienza, ha anche dimostrato di essere così immersa nella profondità della vita da coglierne anche i più piccoli segnali, percependo dolore e felicità con una sensibilità ineguagliabile, impercettibile a quasi la totalità del mondo.

Quella della Merini è una poesia che avanza e indietreggia attorno a un dolore estremo, assumendo polimorfi tratti che vanno oltre le lesioni biografiche e le ansie spirituali, fatta di versi fecondi di erotismo e di amore scanditi dal ritmo cosmico, dal passo terrestre. Alda non si comprende, si sente, non si prova a spiegare, si celebra, è l’insegnamento privo di cattedra al quale nessuna persona dovrebbe rinunciare perché nelle tracce della sua vita c’è l’urlo e il silenzio della immortalità della vita del mondo che non si accontenta di sopravvivere.

Alda Merini (Milano, 21 marzo 1931 – Milano, 1º novembre 2009) è stata una poetessa, aforista e scrittrice italiana

“Ho la sensazione di durare troppo, di non riuscire a spegnermi: come tutti i vecchi le mie radici stentano a mollare la terra. Ma del resto dico spesso a tutti che quella croce senza giustizia che è stato il mio manicomio non ha fatto che rivelarmi la grande potenza della vita.” (Alda Merini, La pazza della porta accanto)

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Di Redazione V-news.it

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